sabato 23 aprile 2016

It di Stephen King: è ufficiale. Ecco la data di uscita del film

Da anni si vociferava di un remake cinematografico del romanzo che ha confermato il successo di Stephen King: It.

Ci ha pensato Tommy Lee Wallance, negli anni '90, a creare una miniserie televisiva, composta da due episodi per un totale di 179 minuti di puro terrore. Nei panni di Pennywise il clown ritroviamo Tim Curry in una delle sue migliori interpretazioni; la sua bravura, nel ricoprire i panni di uno dei mostri più famosi della letteratura contemporanea,  ha fatto vivere anni di angoscia ai giovani degli anni '90 e non solo! Gli stessi membri del cast si sono dichiarati spaventati alla vista di Curry sul set e, in tutta onestà, non mi è difficile crederlo. Si tratta di uno degli attori più bravi che l'America può decantare. Lo abbiamo già visto in ruoli come The Rocky Horror Picture Show, I Muppet nell'isola del tesoro, I tre moschettieri, ma qui, ragazzi... La cura nei dettagli del vestito, nel trucco, e la sua interpretazione rendono la miniserie un qualcosa di unico che difficilmente potrà essere imitato.




                                                                              Tim Curry as Pennywise the clown

                                                                     


Spetta ad Andreas Muschietti, il compito di farci cambiare idea. Il regista guiderà il suo cast nelle riprese che avranno inizio questa estate; il film arriverà nelle sale il 18 Settembre 2017. A ricoprire, questa volta, il ruolo di Pennywise il clown sarà Will Poulter, un giovane attore di 23 anni che ha già recitato, tra le varie pellicole che compaiono nella sua filmografia, in Le cronache di Narnia,  Come ti spaccio la famiglia e il film premio Oscar The Revenant.
L'annuncio del film arriva a 30 anni dalla pubblicazione del romanzo, nel lontano 1986.


Voi, cosa ne pensate?


venerdì 15 aprile 2016

Io prima di te, Jojo Moyes








Cari lettori, oggi ci troviamo qui per parlare di uno dei best seller assoluti degli ultimi anni, Io prima di te di Jojo Moyes. Nonostante sia uscito nel lontano Gennaio del 2012, il libro continua ad essere in cima alle classifiche e a riscontrare pareri positivi in Italia e nel mondo. 

Io prima di te parla della storia di Louisa Clark, una ragazza di ventisei anni che ama vivere la propria quotidianità, la propria routine. Non ha mai pensato di abbandonare il lavoro come cameriera al The buttered Bun, situato vicino al castello di Stortfold, piccola cittadina inglese che diventa una gettonata attrazione turistica d'estate. Finché un giorno sarà il proprietario del locale a licenziarla perché deve chiudere il negozio per problemi familiari. Louisa va così in cerca di un vero lavoro per la prima volta in tutta la sua vita e dopo varie esperienze non molto incoraggianti, si reca a Granta House. Qui, Mrs Traynor cerca una donna che possa tenere compagnia a suo figlio, Will Traynor, un giovane uomo di trentacinque anni che, a causa di un incidente, è costretto da due anni su una sedia a rotelle. Will Traynor è tetraplegico. Da quel giorno, Will ha perso tutto. La sua ragazza, Alicia, che annuncerà le nozze con il suo migliore amico; perde il suo lavoro di direttore generale in una grande impresa. Non potrà più vivere la vita dinamica che ha sempre vissuto: viaggi in giro per il mondo, attività e hobby estremi. Sarà questo a portarlo a tentare il suicidio per ben due volte e sarà questo a portarlo a prendere una decisione drastica. Will vuole togliersi la vita al dignitas, una sorta di clinica svizzera che permette ai casi più gravi di esalare l'ultimo respiro fra quelle mura e lasciare questa terra con il consenso di chi si sottopone e dei genitori. I parenti di Will accettano la sua richiesta: Mrs Traynor ritiene, infatti, che se non avvenisse così, Will troverebbe comunque il modo di farlo con altri mezzi. Mrs Traynor chiede però sei mesi a Will, grazie ai quali spera di potergli fare cambiare idea. Louisa, durante la sua permanenza a Granta House, scopre tutto e decide di aiutare Mrs Traynor in questo suo scopo.
Will è restio alla presenza di Louisa. E' distante, e non vuole in alcun modo la sua compagnia. Ma nel corso delle settimane le cose cambieranno presto: Louisa cambia la vita di Will, lo aiuta ad andare avanti, a resistere, a non demordere; Will, d'altra parte, cambierà per sempre la vita di Louisa. Will ritiene Louisa sia sprecata per stare in una piccola cittadina come Stortfold. Vede in lei un enorme potenziale inespresso. Louisa non è mai uscita dall'Inghilterra; ha un ragazzo da molti, molti anni e tutta la sua vita sembra ormai concludersi lì. Non ha mai cercato altro, non ha mai ampliato i suoi orizzonti, finché non ha incontrato Will. Lui le farà conoscere un nuovo modo di vedere le cose: film, musica, teatro; un nuovo mondo di apre agli occhi di Louisa. Sotto consiglio di Will, continuerà inoltre il proprio percorso scolastico iscrivendosi al corso di moda dell'università frequentata da sua sorella Katrina. Inevitabilmente, tra i due nasce l'amore. Per Will, però, non sarà abbastanza. Non è lui la persona che è diventato dopo l'incidente; non potrà mai amarla come lui vorrebbe. Nonostante gli sforzi di Louisa e della famiglia Traynor, Will vola per la Svizzera, per raggiungere la dignitas. 
Dopo la sua morte, i genitori di Will, già ai ferri corti si separano. Louisa riceve del denaro lasciatole da Will ,date le sua ultime volontà, e una lettera da aprire espressamente al Cafè Marquis in Francia, il luogo dove Will avrebbe voluto essere ,se non fosse stato in quelle condizione,  e che avrebbe tanto voluto Louisa visitasse. La lettera di Will è una chiara dichiarazione d'amore a Louisa. Le lascia altro denaro per poter continuare i suoi studi in tutta tranquillità e, soprattutto, la esorta a vivere. 



Voglio raccontarvi come nasce la storia di questo libro per me. Un giorno di tanti anni fa lo vidi per la prima volta in uno spot in televisione. Fu un colpo di fulmine. Il tempo passò e comunque, quel libro, ha sempre avuto un posto speciale per me. Approfittando della ristampa che la Mondadori ha fatto del romanzo, mi son detta" Se non lo compri ora, non lo compri più". E così, eccoci qua.


Molto probabilmente, questo ha fatto sì che io fossi molto coinvolta dalla storia, ancora prima che io la leggessi. Il pensiero di che cosa avrei provato leggendo questo libro, se mi avesse potuto deludere e tutto il resto, mi ha ossessionato sin dal momento in cui io ho aperto il romanzo. Ha continuato a farlo per tutta la lettura e poi, mi ha lasciata alla fine. 


Partiamo da un'analisi puramente tecnica. Si, mi ha deluso, ma me l'aspettavo. 
Tralasciando il fatto che si tratta di un romanzo che utilizza un linguaggio prettamente basilare, il che, di per sè, non è necessariamente un male. Ho notato sin da subito la mancanza di un punto della narrazione largamente trascurato: le descrizioni. Tranne le descrizione di qualche luogo evidentemente inserite tanto per dire di aver descritto qualcosa, tutto il resto viene lasciato alla fantasia del lettore. Non ricordo di aver letto descrizioni particolarmente dettagliate sui personaggi, men che meno sui protagonisti. Penso di aver realizzato che Will avesse gli occhi azzurri solo alla fine del romanzo, mentre di Louisa si fa solo cenno dei suoi modi stravaganti nel vestire. Mi sono rifatta parecchio all'immagine degli attori che andranno ad interpretare il ruolo di Louisa e Will nell'omonimo film che uscirà a Giugno (per approfondimenti leggere alla fine del post).  Gravissimo errore, mia cara Moyes! 



Se passiamo, invece, ad un'analisi della storia... No, non mi ha deluso, ma me l'aspettavo. 
Vi dico cosa è successo. Quando ieri sera ho terminato il libro, ero molto nervosa. Oltre che per gli errori stilistici riscontrati, questo nasce dal fatto che me la sono presa un pò con me stessa per aver praticamente divorato le ultime pagine del libro. Ho realizzato che forse avrei dovuto diluire un pò nei giorni il romanzo. Perché si tratta di una storia che ha bisogno dei suoi spazi, come ogni libro , d'altra parte, ma questa in particolar modo. Non mi piace finire una storia in così poco tempo, però è successo, ed è stata la fine. La fine perché sono emotivamente distrutta. Ieri sera ero più nervosa che triste per l'epilogo finale. Da questa mattina, invece, non so quante volte mi son dovuta trattenere dal piangere. Anche prima, nello scrivere la trama, ho dovuto staccare cinque minuti per non crollare in una valle di lacrime. Ieri sera è successo, ovviamente, e posso dirvi che non mi è mai capitato di piangere così tanto per un libro. Sembravo una bambina! 
E' vero, probabilmente la Moyes non è un asso nelle descrizioni, ma se c'è una cosa che sa fare è arrivare dritto al cuore della gente. Non per niente questo romanzo è amato da tutti, grandi e piccini. 
Vorrei dirvi come questo romanzo ha lasciato una macchia indelebile dentro di me, vorrei spiegarvi cosa mi ha lasciato dentro. Se esistessero parole per poter esprimere quella sensazione di vuoto e di disperazione e di confusione che questo libro mi ha lasciato, ve le scriverei. Ma non riesco a trovarle. Ci ho provato; ci ho pensato molto, anche mentre leggevo. Mi chiedevo come mai avrei potuto mettere per iscritto tutto questi sentimenti. Alla fine sono arrivata ad una conclusione: non posso. L'empatia che ho provato nei confronti del personaggio di Will, molto , molto più di quella che ho provato nei confronti della reale protagonisti, Louisa, è indescrivibile. Jojo Moyes dice, nei ringraziamenti alla fine del libro, che questo sia un romnzo d'amore. Beh, per me non è così. Louisa rappresenta la donna alla ricerca di se stessa, che affronta il suo passato e le sue debolezze per la prima volta in vita sua. Will rappresenta un inno alla vita; le sue parole rappresentano un inno alla vita. La sua vita è stata un inno alla vita stessa. Ha preso tutto quello che poteva prendere e adesso cerca di trasferire questa voglia di mangiare il mondo a Louisa. L'amore è quasi un effetto di tutto ciò, un'inevitabile conseguenza che nasce tra de persone che si influenzano a vicenda, che assorbono tutto l'uno dell'altra, che semplicemente si completano. Ma questo non è un romanzo d'amore.

 Questo romanzo è una ricerca di se stessi.
 Questo romanzo è un inno alla vita.

Questo libro metterà in discussione voi stessi, la vostra vita. Dal momento che non posso dirvi a parole cosa ho provato e, soprattutto, sto continuando a provare per questo romanzo, vi invito a leggerlo perché solo così voi potrete trovare il vostro inno alla vita. Paradossalmente il romanzo si chiude con la morte di Will, ma in realtà, miei cari lettori, è tutta vita



Vi accennavo prima che la Mondadori ha mandato recentemente in ristampa il libro. Questo perché il 3 Giugno negli Stati Uniti e il 23 Giugno qui in Italia uscirà l'omonimo film. Tra i protagonisti figurano Emilia Clarke nel ruolo di Louisa Clark e Sam Claflin nel ruolo di William Traynor. La regia è attribuita a Thea Sharrock , la sceneggiatura alla stessa Jojo Moyes. Vi lascio qui un'immagine da anteprima. 






























sabato 9 aprile 2016

It, Stephen King












Ho appena terminato It di Stephen King che avevo in lettura già dalle prime settimane di Gennaio. Lo so, troppo tempo, ma poi non così tanto. Ritengo che ogni libro abbia bisogno dei suoi "spazi" dentro di noi e per farlo, ci vuole tempo. Deve adattarsi, trovare il suo posto. E It ci è riuscito.

It è uno dei romanzi più letti di Stephen King. Pubblicato nel 1986, è infatti considerato il capolavoro dello scrittore; un classico senza tempo.

Il libro narra la storia di un gruppo di bambini che vivono in una piccola cittadina del Maine, Derry. Ognuno di loro vive delle esistenze separate finché non si ritroveranno a combattere una forza più grande di loro: It. It è essenzialmente il male che si annida in Derry sin dall'alba dei tempi e che si ripresenta all'incirca ogni 27 anni per per seminare il terrore. E' un grande evento a chiamarlo, come un linciaggio al centro della città, un incendio, ed è sempre un evento di eguale grandezza a concludere il cosiddetto ciclo. In altri termini, deve trattarsi di un accadimento che racchiuda in sè il male manifestato in atti e azioni di natura umana. Saranno Beverly, Stan, Eddie, Richie, Mike e Bill a combatterlo in un primo momento nell'agosto del 1958 , senza però sconfiggerlo definitivamente. Questo battaglia rappresenta la chiusura del ciclo di quegli anni e i bambini, alla fine, promettono di rivedersi nel caso in cui tutto si sarebbe nuovamente ripetuto.
Così sarà.
 Nel 1985 sarà Mike a chiamarli tutti in onore della promessa fatta. Tutti torneranno eccetto Stan che, non reggendo alla pressione degli accaduti, si toglie la vita tagliandosi le vene. Riusciranno questa volta ad uccidere definitivamente It? Le premesse non sono incoraggianti. I ragazzi, oramai divenuti uomini e donne, non ricordano nulla. Solo Mike ricorda e sta a lui aiutarli a ricordare. Cos'è It, cos'era successo loro tanti anni fa e perché non ricordavano nulla? Ripercorrendo i luoghi della loro infanzia, inizieranno a ricordare. Ricorderanno che It era il male e che si presentava fondamentalmente ad ognuno di loro sotto diverse sembianze riflettendo le paure di ciascuno. Ricorderanno che tutto ebbe inizio alla morte del fratellino di Bill, Georgie , che uscendo a giocare con la sua barchetta impermeabile, finì per essere ucciso e mangiato da un clown con i capelli arancioni, con grosse zanne e denti grossi, gialli e deformi: Pennywise il clown, altresì conosciuto come It. Ricorderanno che quello fu solo la prima uccisione che aprì il ciclo e subito dopo la quale persero la vita tante altre vite innocenti. Ricorderano che è per quello che decisero di lottare, per loro e per Georgie, ed è per quello che negli ultimi giorni di Maggio del 1985 si ritrovarono lì tutti insieme: per uccidere definitivamente It.


Da un punto di vista stilistico, sintattico e narrativo, non posso che confermare quello che già ho annunciato nelle prime righe della recensione: si tratta di un capolavoro. Prima di questo romanzo mi è capitato di leggere Shining e, beh, devo ammettere che non vi è paragone. It è un romanzo strutturato, studiato, sentito e voluto. Ogni dettaglio, ogni nome, ogni accadimento è ben posizionato nella narrazione. Quest'ultima si alterna in parti in cui gli accadimenti sono raccontati in terza persona, in parti in cui sono ripresi i singoli protagonisti e in parti in cui è Mike stesso a parlare quando inizia a scrivere un diario all'interno del quale narra della ripresa del ciclo, del momento in cui decide di richiamare i suoi vecchi compagni e del momento in cui tutto finisce e scrive per non dimenticare. I tempi della narrazione si alternano anch'essi: si ha una sorta di back and forth , ovvero King riprende la vita dei protagonisti spostando l'attenzione dalla loro vita attuale ai ricordi di quando erano bambini. 
Ciò che mi preme approfondire con voi, adesso, è però ciò che io credo sia realmente questo romanzo. Io credo che questo romanzo sia in tutto e per tutto una metafora della vita ai nostri giorni e Stephen King lo sapeva bene. Il genere non è semplicemente horror, fantascientifico, ma io oserei quasi dire realistico. Perché direte voi? E’ solo un gruppo di ragazzini che combatte contro un clown!
E no, è qui che vi sbagliate. Credo fermamente che chi si fermi a questa definizione del romanzo si stia perdendo una delle riflessioni più importanti che il libro celi al suo interno.
Prendiamo come esempio Derry. Derry è sin dall’alba dei tempi la tana di It. Derry è It. Ogni cittadino di Derry è It. Quando il ciclo si apre e si chiude è perché sono loro stessi ad evocarlo mediante le loro azioni deplorevoli in cui manifestano la cattiveria insita nell’uomo. Quando riprende il ciclo delle uccisioni, sono loro stessi ad insabbiare la questione sotto la voce di incidenti vari. Loro mentono a loro stessi, mentono tra  di loro e continuano a mentire sin dall’inizio della storia di Derry. Pochi hanno il coraggio di parlare o meglio, di ricordare.
Non è forse così anche nella vita reale? Quanti reagiscono al male e quanti invece tacciono? Tacere non è forse acconsentire, favorire il male? Questa mattina riflettevo sul romanzo e mi è tornato in mente il concetto di maschere di Pirandello. Ecco, io credo che qui, tra queste pagine, si riproponga esattamente la stessa idea, sotto vesti più articolate, più fantasiose, ma è esattamente lo stesso punto.

It (il romanzo) non è comunque solo questo. Pensavo che, arrivata alla fine, avrei avuto un ricordo di "orrore" del libro, nel senso che avrei ricordato il romanzo come un capolavoro dell’horror. Ma così non è stato. Le ultime pagine sono state molto tenere. Si, tenere. Riprendono con estrema dolcezza un altro importante concetto: i l'evoluzione dei rapporti umani, l'evoluzione della vita. Alla fine del ciclo del 1958 e alla fine di questo ultimo e definitivo ciclo del 1985 , tutti i ragazzi del gruppo dimenticano la battaglia contro It, l’esistenza stessa di It nelle loro vite. Dimenticano i loro amici, ognuno va per la sua strada; le pagine degli appunti in cui Mike ha scritto tutto per non dimenticare ancora, sbiadiscono, perché forse, come si sul dire, tutto finisce e c’è un tempo per ogni cosa.

Un altro punto che mi ha fatto emozionare è come King abbia ripercorso il concetto di infanzia. Non intendo il mondo in cui incentra la narrazione nel momento in cui i ragazzi sono ancora piccoli, parlo invece di una scena che viene proposta nelle ultime pagine. Qui Bill, oramai sulla soglia dei quaranta anni, prende Silver, la sua bicicletta d’infanzia trovata “casualmente” in un negozio dell’usato appena arrivato a Derry, e corre, corre come faceva da bambino. Corre per le strade; corre per la vita. Corre per ciò che è stato e ciò che, sulla magia del momento, torna ad essere.
 Vi dico solo questo. Io non ho mai fatto in vita mia un’orecchia a nessuna pagina di nessun libro e non ho mai e poi mai sottolineato nessuno di questi. Oggi , invece, per la prima volta in vita mia, mi sono sentita di fare un’orecchia proprio nella pagina in cui Bill, in sella alla sua bici, racconta della vita e di come i sogni debbano essere inseguiti, per poi partire e andare. Oggi, invece, per la prima volta in vita mia, mi sono sentita di sottolineare due parole che mi hanno fatto trasalire: “amore e coraggio”. Ho fatto tutto questo perché quando mi capiterà di riprendere il libro, voglio assolutamente ricordarmi di questo inno alla vita, ai sogni, e di quale sia stato il punto in cui un romanzo che nasce come horror si sia invece fatto spazio nel mio cuore e, si, ha trovato il suo posto.



Dal romanzo è stata tratta anche una mini serie televisiva dal nome omonimo composta da due episodi ciascuno della durata di un'ora e mezza. Non l'ho vista  (ancora), quindi non posso esprimere un parere al riguardo. Vi lascio però qui un'immagine tratta dalla serie che, a parer mio, esprime tutto il terrore sufficiente a definire questa serie una serie da vedere!



It (la serie) è sbarcata in televisione nel 1990, diventando un cult assoluto. A renderla tale è stata, senza ombra di dubbio, la presenza fisica del grande Tim Curry nel ruolo di Pennywise il clown. I costumi e ritengo anche l'interpretazione dello stesso attore (anche non avendo visto la serie) sono state fondamentali. Basta vedere le immagini.