domenica 17 luglio 2016

Assassinio di lunedì, Dan Turèll





Titolo: Assassinio di Lunedì
Autore: Dan Turèll
Casa editrice: Iperborea


Trama: Danimarca. Copenaghen. Un uomo, dopo esser stato cacciato di casa dalla compagna incinta Gitte, in seguito ad una lite, girovaga per la città con lo scopo di riflettere. E' Lunedì sera, piove a dirotto. Finisce per ritrovarsi nel quartiere malfamato della capitale, dov'è cresciuto, quando sente un urlo. Accorre, ma troppo tardi. La donna è morta. Sarà così anche i due Lunedì successivi quando, insieme al commissario Ehlers, rinveniranno il cadavere di altre due donne. Chi sarà stato? 


Recensione: La narrazione si apre con il nostro protagonista che ci racconta della sua vita. Ha una relazione da circa sei mesi con Gitte, una donna della quale si è subito innamorato e dalla quale, adesso, aspetta un figlio. Per entrambi è una notizia che ha portato aria di crisi nella coppia. La donna non si sente capita; alterna momenti da madre a quelli di avvocato, mentre il compagno cerca di sopportare i suoi cambi di umore. E' grazie a una delle più recenti litigate che il nostro protagonista\giornalista senza nome una sera, cacciato di casa da Gitte, girovaga per la citta e per caso si ritrova in uno dei quartieri che hanno caratterizzato la sua giovinezza. Qui scopre il cadavere di una donna, così come le due settimane successive, sempre di Lunedì, sotto la visione del commissario Ehlers. 

Assassinio di Lunedì rientra tra i cento gialli più importanti mai scritti e, soprattutto, tengo a sottolineare, rientra nella categoria gialli. Evidenzio questo aspetto perché è molto importante ai fini della mia recensione , perciò, del mio giudizio. 

Leggendo il romanzo, tutto faceva presagire a un buon libro. C'erano solide basi affinché da queste potesse svilupparsi un buon giallo. E così continuava a sembrare fino a circa metà della storia, se non fosse stato che, inspiegabilmente, Duréll ha deciso di ridurre in poltiglia, con un istinto a dir poco suicida (per restare in tema) tutto ciò che aveva costruito fino a quel punto. Un romanzo che da buono, passa alla fase boh. Cos'è la fase boh? La fase boh è quella fase in cui ci lascia Turèll una volta concluso Assassinio di Lunedì. E' la fase che succede la fine del libro e che ti lascia con un grande, enorme interrogativo:" Cosa ho letto?" 

Riprendo qui una premessa che vi ho prima posto: questo libro viene definito un giallo. Quando inizierete, se vorrete, un giorno, la lettura di questo romanzo, capirete che Assassinio di Lunedì non può essere in alcun modo classificato come giallo. Ripeto: ottime premesse. Le indagini del commissario Ehlers procedono. I corpi sono rinvenuti ogni Lunedì nelle vicinanze della rotonda di Norrebro e ogni donna viene privata della propria borsa. Se non sono delle buone premesse queste! Il lettore è inebriato e inizia a condurre nella propria testa le indagini cercando di capire il colpevole. 
Dal terzo omicidio in poi, però,nulla è più chiaro. Gli indizi che sembravano unire i primi due omicidi decadono con il terzo e il lettore è spaesato. Continua la lettura, non sapendo dove aggrapparsi, ma è un bene perché l'omicidio è talmente ben architettato che il finale sarà in totale sorpresa e goduria! Ma... ne siamo sicuri?

In realtà, così non è. Sappiamo bene che un giallo, oltre ad essere ben scritto, deve non far capire chi è il colpevole al lettore (se ci riesce) e, soprattutto, deve saper dare un finale magistrale a chi sta leggendo. Possiamo meglio dire che il finale è quasi la chiave di un buon giallo, non escludendo naturalmente tutto ciò che lo precede, ma è grazie al finale che il lettore comprenderà a pieno se ne sia valsa la pena di arrivare alla fine del libro. 
Un giallo, perciò, è composto da due parti: da un lato abbiamo tutti gli elementi che convincono il lettore a continuare la lettura (la storia, il modo in cui è scritta, i personaggi, etc) e il finale, che funge da bilancia per giudicare la lettura; per rispondere, cioè. alla domanda:" E' stata una buona lettura?"

Il finale di Assassinio di Lunedì è , in una sola parola, banale. Ha rovinato tutto ciò che di giallo poteva essere stato intravisto durante la lettura. E' talmente banale che neanche il lettore prende in considerazione l'idea che il romanzo possa avere un tale epilogo. 

Ora mi chiedo: perché un finale così banale? E come se non bastasse, semplicistico e sbrigativo? Avevi fretta, Turèll? Non lo sai che uno dei più grandi nemici dei gialli è andare di corsa e bruciare le tappe? Perché non hai sviluppato bene alcuni punti della narrazione? Per esempio, non ho potuto non notare le ottime descrizioni degli ambienti che ci fornisce lo scrittore durante la narrazione, insieme al potere dello stream of consciousness che serve a dare spazio ai pensieri del protagonista. Buona anche l'ironia in determinati tratti della storia, che però molte volte celano solo una grande amarezza che incombe in tutta la lettura. Il protagonista è, infatti, amareggiato, pessimista sotto certi aspetti; il tutto si riflette nella narrazione, rendendola sempre e solo cupa. Parlavamo di ironia prima, si, ma come dicevo prima, è spesso e volentieri utilizzata solo come strumento per attenuare l'eccessiva malinconia che aleggia su tutta la storia. 

La narrazione in prima persona fa si che il protagonista si sfoghi spesso, utilizzando qualche spazio qui e lì per riproporci vicende della sua vita personale e riflessioni sull'esistenza in generale, sulla persone che incontra e il suo passato. In alcuni punti sbrigativo e in altri ben approfonditi.

Ho avuto modo di pensare in questi giorni. Il fatto che uno scrittore decida volutamente di dare un finale così orribile a un giallo vuole darci solo un messaggio. Il finale non conta. E perché non conta? Perché in realtà questo libro non è un giallo . Turéll ha provato a rifilarci questo romanzo come giallo ma, in realtà, si tratta di un thriller psicologico. Il crimine e lo svolgimento dei fatti serve solo al protagonista come pretesto per esprimere le proprie riflessioni. 
Ma allora, perché vendere un libro per quello che non è? Perché ingannare il lettore? E' esattamente così che mi sono sentita: ingannata. E la cosa che ho di più odiato è stata la confusione volontaria che Turèll ha deciso di destare nel romanzo. Come se dice? Ah, si :" Mettere il piede in due scarpe!" Si perchè Turèll non dice:" Voglio scrivere un romanzo giallo!" o "Voglio scrivere un thriller psicologico!" Eh no, troppo bello. Ci dà un po' di questo e un po' di quello, così da accontentare gli amanti dei due generi. Il risultato è un libro confusionario e ingannevole perché confonde e inganna il lettore. Come dicevo prima, il lettore, finito il libro, affronta la fase boh . 


Voto★ ★ ★ 

Su Goodreads mi sono addirittura rifiutata di recensirlo perché ancora infuriata dalla delusione e  l'inganno che Durèll ci ha tirato contro. Ma alla fine, tornata la buona dispensatrice di stelline di sempre, deciso di dare tre stelline su cinque. Questo perché, per esempio, ho dato due stelline su cinque a Piccoli suicidi tra amici che era anche peggio di questo perché era illeggibile dalla noia. Almeno qui riconosco qualche idea, anche se Durèll ha deciso di non svilupparla perché "Meglio lasciare qualche concetto qui e lì di più generi piuttosto che prendere una posizione", no?


Ma quello che mi sento di dire, alla fine di questa epopea, è che:
  • Uno scrittore deve sempre prendere una posizione;
  • Uno scrittore non deve mai ingannare il lettore per fini commerciali;
  • Non si confonde il giallo con altri generi: o sei un giallo o non sei un giallo. In questo caso, Assassinio di Lunedì, decisamente non sei un giallo. 





martedì 12 luglio 2016

Piccoli suicidi tra amici, Arto Paasilinna





Titolo: Piccoli suicidi tra amici
Autore: Arto Paasilinna
Casa editrice: Iperborea


Trama\Recensione: Le parole che ho da spendere su questo libro sono davvero poche. 
Non ci siamo. Non ci siamo proprio.Mancava poco alla fine del libro, ma non ci sono stati i presupposti per finirlo.Mi sono detta:" Ce la puoi fare, sta per finire!" Ma da quando leggere un libro deve essere un'agonia?Si, alla fine è diventata un'agonia questa lettura.All'inizio c'era tutto. La bravura dello scrittore, l'ironia nel trattare un argomento tale come il suicidio.Ma poi la "novità" passa e devi dare al lettore qualcosa per cui valga ancora la pena continuare a leggere. E così non è stato. Questo gruppo di persone che si riunisce per lenire i dolori della vita insieme e mettervi fine con un suicidio di massa è si, all'inizio una cosa "sorprendente" nel modo in cui viene trattato il tema. Ma dopo, come dicevo, la novità passa e devi dare altro al lettore. La lettura, dopo i primi capitoli, diventa piatta, piatta , piatta. Non succede niente. Niente. Niente. E' una specie di circolo vizioso: la narrazione non procede. L'unica cosa che cambia sono le ambientazioni, perché il gruppo dei Morituri anonimi si sposta in giro per l'Europa con lo scopo di rimandare il suicidio e vivere ciò che resta loro da vivere fino alla fine, ma il resto è tutto, sempre, uguale. Per restare in tema, una noia mortale.



Voto★  ★ 

Decido di dare due stelle su cinque perché nonostante l'idea originale non sia stata ben sviluppata, lo scrittore non scrive male e in più, in alcuni punti, la storia serve per ampliare la narrazione in spazi di denuncia sociale sulla Finlandia e i Finlandesi, dove tutto si svolge. 

In genere sono piuttosto generosa con le stelline, perciò capite che se decido di dare due stelline, è perché mi sono trovata ad un punto di non ritorno nel momento in cui ho deciso di interrompere la lettura. Non è neanche da me smettere di leggere un libro! In genere cerco di arrivare sempre alla fine perché sono dell'opinione che un libro abbia sempre qualcosa da dire. Ma in questo caso, non mi interessava neanche sapere se il gruppo di suicidi fosse arrivato a raggiungere il suo scopo o meno. 
In poche parole, è andata così.
C'è sempre una prima volta, no?

lunedì 11 luglio 2016

PREMIO STREGA 2016 - Edoardo Albinati e la sua vittoria


                                             Edoardo Albinati, vincitore della LXX Edizione
                                                                 del Premio Strega





8 Luglio 2016. Per la prima volta all'Auditorium Parco della Musica, il Premio Strega edizione 2016 vede Edoardo Albinati con la sua Scuola Cattolica  aggiudicarsi il trofeo letterario più ambito d'Italia. Si aggiudica la settantesima edizione con ben 143 voti, staccando nettamente gli altri candidati. Ma guardiamo insieme la classifica:


1) La scuola cattolica, E. Albinati, 143
2) L'uomo del futuro, E. Affinati,  92
3) Se avessero, V. Sermonti, 89
4) Il cinghiale che uccise Liberty Wallace,  G. Meacci, 46
5) La femmina nuda, E. Stancanelli, 25


Sermonti e Affinati si aggiudicano le loro posizioni per un leggero stacco di voti l'uno dall'altro. A perdere in fondo alla classica con soli 25 voti , invece, è l'unica donna partecipante al concorso, Elena Stancanelli con la sua Femmina nuda. La mia previsione, che vedeva vittorioso Meacci, occupa solo il quarto posto con 46 voti.




Voi chi vi aspettavate vincesse il premio? La vostra previsione coincide con il reale vincitore?


venerdì 1 luglio 2016

La lettera, Kathryn Hughes



Titolo: La lettera
Autore: Kathryn Hughes
Casa editrice: Casa editrice Nord


Trama: Tina ama suo marito. Dopo un matrimonio che la tiene legata all'uomo dei suoi sogni da quattro anni, ha la vita che sempre sognato...o almeno, così recitava il "per sempre felici e contenti" della favola che sperava di poter coronare il giorno delle nozze. In realtà, la notte stessa del fatidico sì, tutto cambia. Rick, dall'uomo leale che era, diventa un uomo violento che distruggerà i sogni della donna che ha sempre amato. Finchè, una mattina, un abito arrivato al Charity Shop dove Tina presta servizio nei week-end, cambierà la vita della nostra protagonista. Curiosando qui e lì, Tina troverà una lettera datata 1939 che recita "Cara Chrissie..." . Ritrovandovi il proprio nome e colpita dalle parole del giovane che scrive alla sua amata chiedendole perdono, Tina si chiede perché la lettera non sia stata spedita. Inizierà qui il viaggio che le cambierà la vita. Ripercorrerà, grazie alle testimonianze che riuscirà a trovare lungo il cammino, la storia di Chrissie, figlia di una levatrice e di un medico, che si innamora perdutamente di Billy, al contrario, adottato da una famiglia che cerca di rimpiazzare la morte prematura di un figlio. I due si innamorano ma il loro amore sarà contrastato dalla famiglia di lei che aveva in mente "un partito diverso" per il futuro della loro unica figlia. Neanche il fatto che lei resti incinta impedirà ai suoi genitori di dividerla dall'uomo della sua vita. Approfittando di un momentaneo allontanamento tra i due, causato da Billy che non ha ben preso la notizia del figlio in arrivo, la loro storia arriva al capolinea, tra mille fraintendimenti e incomprensioni. Fra questi anche le scuse che Billy scrive alla sua amata, ma che non arriveranno mai a destinazione perché il padre di Chrissie, ripromettendosi di recapitare in persona la  lettera, (ovviamente) non lo farà. Da qui, Billy sarà chiamato al fronte e dovrà partire per la guerra e  Chrissie sarà mandata in Irlanda dalla zia per mettere a tacere la vergogna che potrebbe causare alla famiglia.  Questa decisione cambierà per sempre il suo destino e quello di Tina che, per trovare la destinataria di quella lettera e recapitarla di persona, conoscerà una nuova vita...


Recensione: Prima di potermi esprimere sul romanzo, devo specificare che questo è il mio primo approccio sia all'autrice che  alla Casa Editrice Nord . Che dire? Nessuno dei due mi ha delusa.

 La scrittura della Hughes è limpida, cristallina. Per nulla monotona, riesce a gestire bene la narrazione fornendo ricostruzioni sceniche curate che rendono lo svolgimento dei fatti più realistico.  Riesce a far vivere al lettore la magia di una storia d'amore che nasce nel tormento di una incombente guerra. Quello che ho davvero apprezzato è che sono stata catapultata completamente nella storia; totalmente rapita dal romanzo e soprattutto dall'ambientazione.  Si respira tra le pagine l'atmosfera degli anni quaranta. 
Il passaggio temporale, alternato fra i capitoli, tra gli anni quaranta, dove si svolge la storia di Chrissie e Billy, e gli anni settanta, dove si svolge la storia di Tina e Rick, non risulta affatto confusionaria. Ciascun periodo è ben approfondito e non dà in alcun modo al lettore l'impressione di perdersi tra le pagine. In realtà, la trama si svolge su tre livelli temporali: anni quaranta, anni settanta e i giorni nostri, ma quella dei giorni nostri è una parentesi che apre e chiude il romanzo, rendendo il libro e la sua struttura in un certo senso circolare. 

Oltre ad aver apprezzato la capacità dell'autrice di avermi trasportato e fatto assaporare il gusto di quegli anni, devo dare atto alla Hughes di un altro punto molto importante. 
Ricordiamo, infatti, che il romanzo parla, sì, della storia di Chrissie e Billy, ma in parallelo a questo amore viene contrapposta la vita di Tina, in bilico tra ciò che immagina di vivere e ciò che invece è la realtà dei fatti. Tina è intrappolata in matrimonio che le sta distruggendo la vita, ma a peggiorare le cose, si aggiunge il fatto che non riesce a comprendere la gravità della situazione. Tina giustifica le violenze del marito, perchè pensa di meritarla,e quando così non è, si dice che sarà l'ultima volta che accade, così quella dopo e quella dopo ancora... 
Il romanzo si apre con Tina che mette da parte piano piano modeste cifre progettando di scappare via, ma quando ci riesce, sente la mancanza del marito. E' qui che sta la maestria della scrittrice: noi pensiamo insieme a Tina. La Hughes non vuole spiegarci cosa sia la violenza e perchè Tina la giustifichi. L'autrice ci prende per mano e ci porta nel mondo di Tina. Iniziamo a pensare insieme a lei e siamo noi stesse a comprendere i motivi per cui Tina accetta i maltrattamenti subito dal marito. La Hughes non ci dice perché le donne cadano in questo vortice d'illusione irreale; siamo noi a farci la nostra idea perché noi viviamo in prima persona cosa succede a una donna che subisce tali violenze. Leggiamo di una donna quasi trentenne che viene maltrattata, ma non solo. Segue un viaggio nella sua psiche. Vediamo come, un passo dopo l'altro, la donna, vittima delle circostanze, giustifichi oggi uno schiaffo, domani una sbronza, l'indomani uno stupro..

Per il resto, il romanzo in alcuni punti è scontato, come lo può essere un libro che racconta di una storia d'amore come questa. La ripetizione di qualche cliché, la presenza di scene già viste e facilmente prevedibili, soprattutto per un lettore abituato ai romanzi rosa, attenua l'eccellenza che avrebbe potuto raggiungere il manoscritto e che non compensa, invece, la magia che abbiamo visto nell'ambientazione e nell'esposizione di un tema come la violenza. Il tutto, poi, si accentua nelle ultime pagine, con un finale ovvio e un po' affrettato, per i miei gusti.

E' un romanzo di denuncia sociale? Si.
E' un romanzo d'amore? Sì.
E' un romanzo alla ricerca di se stessi? Si. 
La lettera è tutto questo. 


Voto 
★  ★  ★  ★ 

Ho deciso di dare quattro stelle su cinque perchè era altamente probabile mischiarsi alla folla presentando una storia d'amore ambientata in periodo di guerra, con i molti cliché che si sono visti e rivisti. Nonostante il libro ci caschi di tanto in tanto, il romanzo emoziona. La storia è curata, sentita e le emozioni vengono comunque trasmesse al lettore. Per non parlare dei temi e dei modi in cui questi sono stati approfonditi  grazie ai quali ho espresso questo giudizio. Lo stile della Hughes, poi, è diretto e privo di inutili superficialità. 
Manca una stellina perché alla fine mi sono persa, è venuto meno l'entusiasmo che mi ha animata sin dalle prime pagine. Probabilmente, perché arrivati ad un certo punto del libro, si presagisce un finale piuttosto prevedibile e affrettato, anche nell'esposizione.