domenica 5 marzo 2017

Maze Runner (trilogia), James Dashner



Maze Runner è una trilogia fantastica\distopica pubblicata da James Dashner tra il il 2009 e il 2011.
Racconta la storia dell'adolescente Thomas che un giorno, senza sapere come ci sia arrivato, si ritrova nella Radura. La Radura è un luogo in cui sono imprigionati un centinaio di ragazzi che, per i due anni che sono stati rinchiusi lì, ogni mese hanno ricevuto un nuovo cadetto da addestrare e tenere all'interno della Radura. Questo fino al giorno in cui arriva Thomas, giorno che segna tra i ragazzi la rottura degli equilibri createsi in questi anni. Tant'è che il giorno dopo l'arrivo di Thomas arriva anche la prima ragazza del gruppo. Chi sono Teresa e Thomas, si chiedono gli altri Radurai, cosa vogliono da loro? Ma d'altra parte, si chiede Thomas:" Chi sono io? Chi è la C.A.T.T.I.V.O.?"

Ci eravamo lasciati, per quanto concerne la trilogia di Maze Runner, con la recensione del primo capitolo della saga (Il labirinto), che trovate qui.
 Ne ero entusiasta. Nonostante una scrittura semplice e per nulla pretenziosa, riesce comunque a catturare l'attenzione del lettore perché coinvolgente fino alla fine. Ci sono tutti gli elementi per un fantasy d'intrattenimento, e il fatto che la narrazione si snodi su pochi eventi, ma buoni, permette allo scrittore di poter gestire nel migliore dei modi la stesura del romanzo, dato il suo stile elementare. In poche parole, consapevole dei proprio limiti, ha evitato di far bollire in pentola tanti ingredienti, dal momento che sapeva bene non sarebbe stato in grado di cucinarli tutti in un pentolone, e ha preferito preparare la tavola con pochi piatti, semplici, ma gustosi.
Ciò che premio in James Dashner, dunque, è proprio la consapevolezza di non essere il prossimo Premio Nobel, e di aver utilizzato il proprio stile asciutto, chiaro e senza troppi artifici per un romanzo non pretenzioso, non pieno di situazioni che non si incastrano fra loro perché troppe, giocando con una trama avvincente, che desta curiosità nel lettore fino al punto di fagli girare una pagina, e un'altra, e un'altra ancora, senza rendersene conto.

Quella che è stata una buona storia nel primo capitolo della saga, tuttavia, non è stata sufficiente a reggere l'intera trilogia. Il secondo libro (La fuga) si apre con il nostro protagonista che inizia a recuperare man mano i ricordi di quella che è stata la sua vita precedente alla Radura. I flash back sono un elemento che d'ora in poi viene utilizzato sempre troppo spesso nella narrazione e che, inizialmente, contribuisce a distinguerlo dal primo romanzo, con un pizzico di originalità che non guasta. Infatti non si può propinare sempre la stessa impostazione al lettore, che potrebbe facilmente prevedere gli avvenimenti prossimi narrati dallo scrittore. Quindi il fatto che Dashner volesse aggiungere del pepe alla storia ci stava, eccome! Anzi, iniziavo davvero ad affezionarmi alla saga, con particolare riferimento alla trama (non tanto ai personaggi in sè e per sè), ed ero in tutto e per tutto coinvolta, perchè ogni cosa si incastrava alla perfezione con lo stile di Dashner.

Ma, poi...
Di colpo, tutto cambia. Credo che Dashner si sia fatto prendere troppo la mano e abbia iniziato a creare delle situazioni, in primo luogo, non chiare sopratutto a lui. Il protagonista della saga, Thomas, non fa altro che svenire e mangiare e dormire. Al che, io ritengo che lo scrittore abbia creato queste situazioni a fine capitolo un po' per se stesso, come a voler mettere il personaggio in pausa per prendere una boccata d'aria e rispondere alla fatidica domanda "E adesso che scrivo?" . Infatti, l'impressione che si ha spesso in questo capitolo della saga, è che Jamas Dashner non sappia cosa scrivere. E' come se il romanzo pubblicato (in Italia dalla Fanucci) fosse in realtà una bozza dello scrittore ; una sorta di brainstorming scritto, ecco. Quindi si ha, alla fine, una accozzaglia di eventi, che in alcuni punti, soprattutto alla fine, risultano scollegati fra loro. Come se fossero stati pensati singolarmente come idee di un'eventuale intreccio a livello di trama, ma poi non collegati fra loro da situazioni intermedie che sarebbero dovute servire da collante alla storia.

Se ho chiuso il secondo romanzo con l'amaro in bocca (e parecchio nervosismo da smaltire) , il terzo capitolo delle serie (La rivelazione) resta per me una grande incognita, lasciandomi tutt'ora perplessa e confusa. In molti punti della storia mi sono ritrovata a fissare il vuoto in uno stato, appunto, confusionale, perché non capivo come ci fossimo arrivati e quale fosse il motivo. I personaggi, la storia e la narrazione vanno avanti spinti da un'energia che io chiamerei luogo comune, E si: tutto ciò che vedrete in questo libro, con particolare riferimento alla seconda metà, è tutto prevedibile e scontato. I personaggi non vivono di vita propria ma seguono un destino segnato e facilmente intuibile, se ci si sofferma a pensare a un eventuale epilogo della storia. E' tutto forzato, e gran parte di ciò che leggerete sembra capitare lì per caso. Al che voi alzerete spesso gli occhi, increduli, chiedendovi dove siate e cosa stia succedendo. Molti collegamenti aperti durante la narrazione, o eventuali intrecci fra i personaggi, restano lì, senza essere ripresi in futuro: James Dashner tira la pietra e nasconde la mano parecchie volte. Un esempio? Personaggi introdotti , che avrebbero dovuto avere un ruolo nella storia fondamentale, spariscono nel nulla. Se non spariscono nel nulla, appaiono per avere un ruolo marginale nella storia, oppure un ruolo talmente importante ai fini dell'epilogo da non essere credibile data la quasi totale assenza dalla narrazione centrale. Per non parlare delle figure vicine al protagonista , molto importanti per la storia del personaggio di Thomas e del romanzo in sé, che sono parecchio ambigue, e rendono l'evoluzione dei fatti altrettanto ambigua,

La fine.
La fine, che sarebbe dovuta essere la parte con più patos di tutta la trilogia, è stata, in realtà, l'esatto opposto. Data la prevedibilità dell'epilogo che si intuisce facilmente a una trentina di pagine dalla fine, le pagine scorrevano via come se già le conoscessimo. Quindi l'attenzione del lettore cala, ma soprattutto cala l'adrenalina e tutto il romanzo si smonta in men che non si dica. Sembrava di leggere una qualsiasi altra parte del libro, ma non la fine!
Come puoi, James Dashner, rendere l'epilogo di una saga fantasy monotono, e il lettore anaffettivo di fronte alla conclusione di una trilogia ? E dico, trilogia: quindi, intendo tre libri che hanno accompagnato il lettore per un determinato lasso di tempo e verso i quali ci si aspetta di provare una benché minima emozione, di qualsiasi genere! Rabbia,dolore,gioia, curiosità, senso di insoddisfazione... Zero, zero tagliato.



Consiglio la saga?

Al riguardo ho visto diverse YouTubers consigliarla perché "Si, non è una saga eccellente, ma va bene per ingannare il tempo con un una lettura diversa e leggera".

Qui vorrei esprimere il mio pensiero al riguardo.
Leggere un libro non vuol dire ingannare il tempo. Un libro deve arricchire noi e far si che aver ritagliato del tempo per leggerlo ne sia valsa la pena, perché ricordiamolo, il tempo è prezioso, e con lui i libri che dovremmo leggere.
A questo collego un'altra riflessione: la leggerezza di un libro.
Ben vengano i libri leggeri, che ci aiutano a staccare la testa da momenti no o da altre letture più corpose. Ma il concetto di libro leggero non deve essere associato a quello di libro scritto male, libro scritto tanto per, libro scritto come se lo scrittore ci stesse facendo un favore. Il libro deve essere scritto bene a prescindere, deve godere di una propria struttura e deve intrattenere il lettore. Perché ricordiamolo: ad essere leggeri saranno solo gli argomenti o i modi in cui questi vengono trattati, e MAI la dicotomia di libro leggero deve giustificare l'inerzia e la vacuità di un oggetto così di valore come un libro.

La mia risposta è dunque NO. E' ingiustificabile:
-l'accozzaglia di situazioni aperte e mai chiuse o riprese durante la narrazione;
-la presenza di tanti eventi inseriti tanto per far numero e rendere il romanzo più complesso, con il solo risultato di aver creato episodi scollegati fra loro e un gran senso di confusione;
-un finale atono e prevedibile;
-un calo di attenzione del lettore nelle ultime trenta pagine;
-il lettore diventa anaffettivo nei confronti dei personaggi e della storia che gli hanno tenuto compagnia durante la lettura di un'intera trilogia.

Che gran peccato Dashner, hai sprecato un'occasione!

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