venerdì 7 aprile 2017

Dio di illusioni, Donna Tartt




Titolo: Dio di illusioni
Autore: Donna Tartt
Casa Editrice: BUR Rizzoli

Trama
 Un piccolo raffinato college nel Vermont. Cinque ragazzi ricchi e viziati e il loro insegnante di greco antico, un esteta che esercita sugli allievi una forte seduzione spirituale. A loro si aggiunge un giovane piccolo borghese squattrinato. In pigri weekend consumati tra gli stordimenti di alcol, droga e sottili giochi d'amore, torna a galla il ricordo di un crimine di inaudita violenza. Per nascondere il quale è ora necessario commeterne un altro ancora più spietato...

Recensione
Henry, Charles, Camilla, Bunny, Francis, Richard. 
Questi i protagonisti della nostra storia.

Per la prima volta, dopo non so quanto tempo, mi trovo in difficoltà.
Mi trovo in difficoltà perché non so cosa scrivere.
Cosa vi dovrei dire se non che siamo davanti a un capolavoro?

Devo ammetterlo: la mole mi spaventava. Si tratta di un romanzo, infatti, di 622 pagine e quando lo iniziai, la prima cosa che pensai fu:" Ok, ci starò su più di un mese." 
Non sono rare le occasioni in cui sosto per circa tre settimane su un libro anche di 300, di pagine; quindi ero benissimo preparata a ciò che sarebbe potuto accadere, con molta probabilità.

Non avevo, però, preso in considerazione una cosa: il fatto che il libro avesse potuto rapirmi.

Quando leggo un libro, cerco sempre di essere attenta, razionale. Capire che tipo di romanzo io stia leggendo, lo stile, le ambientazioni, le descrizioni ecc.
Quando ho iniziato questo libro, invece, è successa una cosa ambigua.
Iniziare a leggere ha segnato il mio passaggio da essere umano razionale a succube.

Sono diventata completamente assuefatta dal romanzo. Non solo non riuscivo a smettere di leggere, ma quando non leggevo mi sentivo comunque lì in Vermont. Come se fossi dovuta andare un attimo a pranzo\cena a dormire ,e poi sarei ritornata, subito dopo ,dai ragazzi. 
Sono diventata completamente dipendente dalla scrittura della Tartt che mi ha incantata. E non incantata nel senso di scrittura ammaliante, brillante (anche quello, si), ma nel senso proprio letterale del termine. Per tutto il romanzo è come se io fossi stata sotto effetto di ipnosi; come se, per tutto il tempo, lei avesse ondeggiato davanti ai miei occhi un pendolo e io, diventata una sua succube. 

Non mi sono mai annoiata. 
Mai.
Anche quando la Tartt fa cenni relativi alla storia greca, o si perde in discussioni filosofiche sul senso della vita e della morte, io ero una sua succube. Lei avrebbe potuto fare di me ciò che avrebbe voluto.
 Per restare in tema, lei ha avuto su di me lo stesso effetto che Julian ha avuto sui ragazzi. Quanti autori, posso dire di riuscirci, di far vivere al lettore, sulla loro pelle, quello che vivono i protagonisti?

Ho letto molti commenti su come fosse prolissa la Tartt, ma per quanto mi riguarda, ognuna di quelle 622 pagine è necessaria per i tempi del romanzo, ed ognuna di esse è importante.
Certo, capisco anche Dio di illusioni tratti dei temi e delle ambientazioni che non incontrano i gusti di tutti i lettori, essendo una sorta di thriller\mistery molto d'impatto ed originale nell'esposizione. E  la Tartt sarebbe potuta cadere facilmente nella banalità della trama, alla fine già vista e intuibile nel suo svolgimento (basti pensare che il romanzo si apre già con l'ammissione di un delitto da parte del gruppo), ma questo non è successo.

Lo stile è distaccato, freddo, quasi scientifico, riflettendo con queste caratteristiche le personalità di Richard, Camilla, Bunny, Henry, Charles e Francis. Ma anche le atmosfere classiche ellenistiche che inesorabilmente abbiamo la sensazione di respirare per tutto il romanzo, nonostante ci troviamo intorno agli anni '90. Rinominiamolo, pure, stile classico-ellenistico.
E' Richard la voce narrante, che ritorna indietro a ricordare i tempi del college e anche prima, parlando della sua famiglia, analizzando ciò che è stata un'esistenza che non ha del tutto superato.

La Tartt sarebbe potuta cadere banalmente anche nell'epilogo.
Quanti romanzi abbiamo letto, fantastici, che si sono persi nel finale?
Questo non lo ha fatto.
Ero già preparata a una eventuale delusione in tal senso ma, ancora una volta, non sono riuscita a staccare gli occhi dalle pagine, totalmente e completamente assorta.

Incesto, droga, sesso, mistificazione con le divinità sono gli argomenti che più creano sgomento nel lettore. Argomenti sui quali ci si focalizza maggiormente, con non molto imbarazzo ,verso le ultime due centinaia di pagine del libro e che, a me, hanno lasciato parecchio sconvolta. Non tanto per i fatti in sè che sì, creano disgusto, ma tanto per come la Tartt li butta lì, così, tra una pagina e l'altra, come se il lettore, alla fine, lo avesse sempre saputo. 
Una sensazione che ho avuto per gran parte del romanzo era quella, infatti, che mi venisse nascosta qualcosa. Come se io stessi leggendo una storia dietro la quale, in realtà, se ne celava un'altra. Ed è stato proprio così, come alla fine scopre Richard, l'outsider accolto nel gruppo e la cui vita verrà cambiata per sempre dagli avvenimenti di quegli anni tormentati, grotteschi, irripetibili (fortunatamente).
Quindi, ancora una volta, noi diventiamo Richard.

In più, dopo la lettura, si ha la sensazione di essere usciti da un'incantesimo, come se si avesse finalmente la conferma che leggendo quel libro, ci si abbandona a un'altra dimensione,e finendolo se ne esce. Come se leggere Dio di illusioni, fosse davvero un'esperienza mistica che si consuma fra le pagine di questo romanzo, e poi ci abbandona,


Non sono forse magistrali, questa capacità?
Non è forse un capolavoro, questo romanzo?


Voto
★ ★ ★ ★ 

Nessun commento:

Posta un commento